il merlo oggi è più curioso e cerca lontano dal nido

12 ottobre 2014

Meglio pecore che schiavi





“Servire” il Signore è cosa buona e giusta, ma questo non vuol dire essere “schiavi”.


Gesù si è messo fra gli ultimi e ha sciacquato parecchi piedi, ma volontariamente e con dignità, per "guidarci" e "liberarci" dalla schiavitù della nostra cecità e durezza di cuore, per aprirci la via del ritorno al Padre.

Nel Nuovo Testamento  il Signore si trasforma da mero padrone sterminatore di nemici a buon padre e pastore, che perdona i figlioli prodighi e che guida le pecorelle al sicuro. L’amore verso i figli e il rispetto e l’amore verso i Padre si fanno una cosa sola nella figura del Cristo. Amore e solo Amore, nessuna volontà di dominio su popoli inermi o infedeli.

Il servizio si fa azione volontaria di aiuto e di accoglimento dei propri fratelli, non schiavitù. Se continuiamo a ricordare la nostra indegnità e i nostri peccati, ci autocondanniamo ad un'impossibiltà permanente di redenzione. Può un Padre e un Creatore, dare vita a Creature condannate senza via si scampo? Il concetto di servizio non va accostato e quello di servitù, di lavoro forzato indotto dai nostri peccati come unica possibilità di riscatto per i nostri peccati. Per i nostri debiti. 

Il linguaggio aulico si fa oscuramente attuale: ognuno di noi è condannato a riconoscere i propri debiti economici e a sentirsi impotente e indegno di fronte ai grandi potentati, che, di fatto ci dominano. In questo modo l’Amore filiale e naturale per il Padre e l’amore fraterno fra tutti i viventi, viene continuamente schiacciato da un cieco “timor di Dio”. Oppure dall’ipocrisia dettata dalla convenienza. 
I figli crescono e non possono amare a lungo e con sincerità un padre padrone terribile. La società deve crescere e liberarsi dal giogo dei merca(n)ti (del tempio) e dall’incubo di una società basata sul debito e sulla manipolazione delle idee. 

Il Signore è buon pastore: siamo pecore, non schiavi. Le pecore sono miti e ricche di valore. Con il loro vello naturale riescono a sopravvivere libere e all’addiaccio anche nei mesi più freddi. 
Gesù stesso, oltre che “buon pastore”, si paragona ad un agnello sacrificale, animale davvero prodigioso, straordinariamente tenero e inerme, ma coraggioso, al punto da non emettere lamenti quando viene ucciso dall’uomo. 

Siamo pecore coraggiose in mezzo ai lupi, dunque, non schiavi. Dio ci guida e ci riconosce come libere sementi e preziosa messe di testimoni d’amore, non come servi ignavi, rassegnati e chini.


il m.e.r.lo