il merlo oggi è più curioso e cerca lontano dal nido

13 novembre 2013

Dal peccato originale al debito pubblico – 2 di 3 (la proprietà)

proprietà  
[...segue da 1^ parte] Niente popò di meno che una “trilogia” metafisica sulle cause prime della nostra caduta dalle stelle alle stalle. Tre articoli dove si parte dalla fuffa sul perché e il percome della cacciata dall’Eden per poi arrivare alla ciccia della questione economica attuale. Chi è ardimentoso mi segua. 

2 / 3 - La proprietà


L’illusione della separazione, si fa ancora più prepotente fuori dall’Eden, e tutto diventa sempre più difficile, distinto e ostile.  
Ciascuna entità è distinta dalle altre, la loro Essenza comune è nascosta.
La materia non viene più riconosciuta come parte del tutto, ma come distaccata ed esterna, qualcosa da poter manipolare a proprio piacere. Nasce il senso della proprietà privata. 

Tale separazione crea una realtà specchio che consente alle entità di muoversi, individuarsi e prendere coscienza di Sé. L’Essenza che si riconosce allo specchio sviluppa un ego primordiale limitato dalla dimensione stessa in cui si riflette.
 
Questo ego tende ad affermarsi ed estendersi per realizzare l’infinita onnipotenza che avverte dentro sé, supera i limiti con spirito di  sopravvivenza aggressivo, pena la sconfitta e quella cosa sconosciuta che è la morte.  

Dalla difesa e alla delimitazione di ciò che è proprio al desiderio di accaparramento e sopraffazione il passo è breve. Il conflitto per il controllo delle risorse diviene di vitale importanza per la propria sussistenza e affermazione personale. Sino alla guerra, ai feudi, al colonialismo, al commercio, ai monopoli e chi più ne ha più ne metta. La proprietà diventa ricchezza esterna da sé, da conquistare e trattenere con le unghie e con i denti, fine ultimo dal quale far dipendere la propria felicità.


L’oblio è l’inganno diabolico, la sottile mistificazione della verità: non rammentiamo che siamo tutti fatti della stessa sostanza e che nulla è esterno a noi, che nulla ci può essere dato e nulla ci può essere tolto; non rammentiamo he la natura ci “presta “ le sue terre in amorevole usufrutto, non a strozzinaggio; non rammentiamo che c’è qualcosa “oltre” la dimensione materiale della ricchezza e ci adagiamo a vivere da disperati nel Regno del distacco, nel regno del Serpente tentatore.
 
Non rammentiamo neppure che la materia non è solo “punizione”, dolore e fatica, ma espressione piena e completa dell’infinito. Basta alzare sguardo e vibrazioni. Qual è il valore di una carezza nel mondo platonico delle idee? È proprio il suo sapersi fare atto nel mondo denso, al punto da avvertirne la concreta dolcezza di velluto. L’idea invisibile si concretizza per riconoscere, esprimere e realizzare se stessa.
 

[continua nella 3^ parte...]
 
il m.e.r.lo